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Guerra e resistenza in montagna

La nascita e la progressiva organizzazione di banda partigiane in Appennino, dopo l’8 settembre 1943, diede vita ad un’intensa azione di contrasto all’occupazione nazifascista in tutta l’area montana.

I combattimenti per impedire il rastrellamento di renitenti alla leva, il disarmo dei presìdi della Guardia nazionale repubblicana, le azioni di sabotaggio di ponti e strade e la distribuzione di grano alla popolazione stacolarono o vanificare i tentativi degli occupanti di controllare capillarmente il territorio, ma non riuscirono a impedire rappresaglie e controffensive mortali.

Tra il 9 e il 16 marzo 1944 l’uccisione di alcuni fascisti a Palagano in un’azione antirastrellamento e gli scontri nella zona di Monte Santa Giulia, in cui fascisti e tedeschi persero delle unità, provocarono una pesantissima rappresaglia sulle località di Monchio, Susano e Costrignano, allora frazioni di Montefiorino.
Il 18 marzo due compagnie della divisione Hermann Goering, affiancate da Gnr ed Esercito repubblicano cannoneggiarono gli abitati, razziarono e incendiarono le case e uccisero 131 civili, compresi anziani e bambini. La memoria di questa terribile strage si ritrova oggi a Monchio, nel cippo eretto nella piazzetta dove furono fucilati buona parte degli abitanti del luogo, e nel centrale Parco dei Caduti, dove l’imponente Cristo per la fratellanza fra i popoli, opera dello scultore Romano Buffagni, è un invito al perdono e alla pace voluto dagli orfani della strage. Sopra Monchio, quasi in cima al Monte Santa Giulia, oggi Parco della Resistenza, un Memorial costituito da quattordici sculture in pietra di altrettanti artisti italiani e internazionali uole ricordare la strage del 18 marzo e il contributo dato alla Resistenza dai partigiani della montagna.

Siamo infatti a due passi da Montefiorino, dove tra giugno e agosto 1944 ebbe luogo il primo esperimento di autogoverno partigiano nell’Italia occupata che va sotto il nome di Repubblica partigiana (o Zona libera) di Montefiorino. Nella primavera del 1944 i partigiani della montagna erano stati riuniti nel battaglione Ciro Menotti: l’occupazione di Fanano, Montecreto e Sestola e l’attacco a un gran numero di presidi fascisti aprirono la strada alla conquista di Montefiorino, avvenuta il 18 giugno. Con il paese, entrò sotto il controllo partigiano una zona di circa 600 kmq corrispondente ai comuni reggiani di Toano, Villa Minozzo e Ligonchio e a quelli modenesi di Montefiorino, Frassinoro, Prignano e Polinago, oltre all’importante strada delle Radici e alle centrali idroelettriche di Farneta e Ligonchio.
Maturò quindi nei comandi partigiani la volontà di dare vita a un governo autonomo che prevedesse nuove leggi, ripristinasse l’amministrazione della giustizia, tutelasse la popolazione e l’economia della zona e soprattutto contemplasse libere elezioni per la prima volta dopo la dittatura fascista. L’esperienza, che rappresentò un punto di riferimento per le zone libere costituitesi successivamente in Italia settentrionale, durò fino ad agosto, quando l’imponente assalto nazifascista al territorio della Repubblica (operazione Wallenstein III) costrinse i partigiani al ritiro. In realtà, in autunno rinacquero due zone libere corrispondenti ai territori reggiano e modenese della ex Repubblica, che continuarono l’esperienza democratica fino alla Liberazione.

La medievale Rocca di Montefiorino – che nell’estate 1944 fu incendiata dai tedeschi - ospita il Museo della Repubblica partigiana di Montefiorino, primo museo storico italiano dedicato alla lotta partigiana. Oggi in fase di riallestimento, esso ricostruisce la Resistenza in montagna nei suoi aspetti militari, politici e sociali: sono esposti armi, divise, oggetti di uso quotidiano, documenti, ma anche videotestimonianze dei protagonisti, riprese amatoriali della liberazione di Modena e un percorso poetico di Roberto Roversi a partire dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza italiana.

La Centrale di Farneta

A 8 km da Montefiorino è possibile visitare la centrale idroelettrica di Farneta, costruita negli anni Venti del Novecento e protetta dalle formazioni partigiane per impedire sabotaggi tedeschi. La centrale scampò ai bombardamenti alleati grazie ad un prato fatto crescere sul tetto dei fabbricati per confonderli con l’ambiente circostante.

Tappe

  1. Cippo delle vittime della strage - Monchio - Palagano
  2. Parco dei Caduti - Monchio - Palagano
  3. Parco e Memoriale di Santa Giulia - Palagano
  4. Museo della Repubblica Partigiana di Montefiorino - Montefiorino
  5. Centrale elettrica di Farneta e museo dell’energia - Montefiorino
Proprietà dell'articolo
data di creazione: martedì 12 agosto 2014
data di modifica: lunedì 18 agosto 2014