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Provincia di Modena

Aceto Balsamico Tradizionale di Modena

L'aceto balsamico della tradizione secolare. Mitico prodotto di terra emiliana.

"L'Aceto Balsamico Tradizionale è ottenuto da mosto d'uva cotto, maturato per lenta acetificazione derivata da naturale fermentazione e da progressiva concentrazione mediante lunghissimo invecchiamento in serie di botticelle di capacità ed essenze diverse senza alcuna addizione di sostanze aromatiche. Di colore bruno scuro carico e lucente manifesta la propria densità in una corretta scorrevole sciropposità. Ha profumo caratteristico e complesso, penetrante di evidente, ma gradevole ed armonica acidità. Di tradizionale ed inimitabile sapore dolce e agro ben equilibrato si offre generosamente pieno, sapido, con sfumature vellutate in accordo con i caratteri olfattivi che gli sono propri."

È questa la definizione aurea del "Balsamico" che, per genesi, è da ritenersi, al pari del vino, prodotto primario del frutto della vite e, proprio per questa ragione, non comparabile ad alcuna altra sostanza proveniente dalla fermentazione di liquidi alcoolici.

La sua storia

Individuare in forma corretta e oggettiva il percorso storico che l' Aceto Balsamico Tradizionale ha compiuto attraverso i secoli, anche soltanto allo scopo di fissare la data della sua comparsa nei sottotetti della dimora degli abitanti del territorio dove viene prodotto, costituisce un problema alquanto difficile, se non impossibile. E questo perchè, per secoli, le regole e i procedimenti cui attenersi per ottenerlo sono stati gelosamente custoditi nell'ambito familiare e trasmessi oralmente di padre in figlio.

Se allo storico bastassero indizi concreti, ancorchè riproducibili, sarebbe sufficiente far ricorso al sommo poeta latino Publio Virgilio e a quanto Egli descrive nel primo libro delle Georgiche per affermare che al "Balsamico" della tradizione può essere attribuita un'età di oltre venti secoli.

Se al contrario il medesimo ritenesse indispensabili i "documenti" canonici, ci si deve posizionare alla fine del 1600 in accordo con quanto emerge dal manoscritto del Conte Giorgio Gailesio, datato 20 settembre 1839, e stilato presso la dimora dei Conti Salimbeni a Redo di Nonantola (MO), dalle due lettere che nel 1861 e'62 I'avv. Francesco Aggazzotti del Colombaro (MO) scrisse all'amico Pio Fabriani di Spilamberto sul modo di produrre il "Balsamico", senza trascurare la partecipazione, in quegli stessi anni, ad esposizioni nazionali con campioni di "Balsamico" di età pari a 300 anni. E' tuttavia ragionevole ipotizzare date ancor più lontane nel tempo rispetto a quelle menzionate se si tiene conto, ad esempio, che nel 1502 un notaio incaricato di inventariare i beni mobili contenuti nel Castello di Scandiano (RE) riteneva di menzionare anche "botisimus unus ab. aceto", pur non associando al sostantivo "aceto" I' aggettivo "Balsamico".

Aggettivo che, almeno sino ad oggi, comparve per la prima volta nel 1747 nei registri delle "cantine segrete" della Corte estense conservati presso I' Archivio di Stato di Modena. Ed è da attribuire agli Estensi il merito di aver fatto conoscere, durante il loro periodo di permanenza in Modena, I'Aceto Balsamico Tradizionale presso le maggiori Corti Europee di allora: significativo è ad esempio il dono di una ampolla di "Balsamico" che il 14 luglio 1792 il Duca Ercole III fece a Francesco I d'Austria in occasione della sua incoronazione a Imperatore del Sacro Romano lmpero.

Anche la scienza ufficiale si è interessata a questo prodotto del tutto particolare: è il 1863 I'anno in cui il microbiologo prof. Fausto Sestini ha pubblicato il primo lavoro scientifico titolato "Sopra gli Aceti Balsamici del Modenese" e ne ha posto in evidenza le enormi differenze esistenti fra il "Balsamico" della tradizione e qualunque altro tipo di aceto a partire dalla presenza in esso delle "sostanze umiche".

Dove si produce

Il luogo deputato alla sua produzione è circoscritto al territorio delle provincie di Modena e di Reggio Emilia. Molteplici, per natura e importanza, ne risultano le ragioni: le caratteristiche del suo clima, la varietà delle uve autoctone che vi si coltivano, I'arte della cottura del mosto e del condurre i travasi del liquido da una botticella all'altra, la presenza di un particolare habitat che nel corso dei secoli è riuscito a selezionare i microorganismi responsabili delle prime trasformazioni del mosto cotto e non da ultimo la dedizione che la maggior parte dei suoi abitanti dedica al "Balsamico".

Come si ottiene

Il mosto crudo di uva, prevalentemente trebbiana, di lambrusco D.O.C., oppure di ancellotta, sottoposto alla operazione di cottura a fuoco diretto a cielo aperto e portato a diversi gradi di concentrazione, è soggetto a naturale fermentazione alcoolica e biossidazione acetica ad opera di microorganismi denominati lieviti e acetobatteri.

Questa prima fase si compie lentamente nel corso di un periodo di tempo di 3 o 4 anni per interrompersi quando i medesimi cessano di vivere per poi permanere inattivi nel mezzo sino alla loro spontanea autolisi con conseguente liberazione dei propri "enzimi".

È in questo momento che ha inizio la seconda fase di trasformazione denominata maturazione", della durata media di 10/12 anni, ritenuta di fondamentale importanza per la formazione dei tipici profumi caratterizzanti il "Balsamico".

Ad essa farà seguito "l'invecchiamento" che si protrarrà, con modificazioni di tipo chimico/fisico, per un tempo indefinito durante il quale le caratteristiche del prodotto troveranno l'ottimale affinamento.

Le tre fasi si compiono, di norma, in contenitori di legno (botticelle o vaselli) di capacità ed essenze diverse quali in prevalenza il rovere, il castagno, il gelso e il ginepro.

I vaselli costituiscono, nel loro insieme, una "batteria" composta, mediamente, da cinque, sette o più unita di capacità variabile da 10 a 75 litri.

La diversa capienza tra un vasello e I'altro è richiesta dalla necessità di compiere in modo appropriato i "travasi" annuali da un vasello all'altro.

Consistono nel trasferire parte del liquido da un vasello all'altro a partire da quelli di capacità inferiore per sopperire sia al prelievo effettuato nella botticella più piccola che al "calo annuale" dovuto all'evaporazione subita nel corso dell'annata.

Richiedono competenza e oculatezza nel rispetto dello stato evolutivo del prodotto contenuto in ciascun vasello allo scopo di assicurarne l' ottimale sviluppo per tenerlo in vita nel corso dei secoli. All'abilità nel compiere queste operazioni e alla rispondenza delle botticelle va principalmente ascritto I' alone di mistero che, da sempre, accompagna il "Balsamico" nel suo divenire.

Le "batterie" vengono custodite nel sottotetto di casa, luogo privo di umidità e consono ad assicurare la prolungata e necessaria presenza di elevata temperatura estiva ed esattamente il contrario nel periodo invernale.

Quali sono i suoi valori

Non è improprio affermare che il "Balsamico" rappresenta un singolare e inalienabile "patrimonio" per la quasi totalità di coloro che lo producono.

L'assunto è conseguenza del fatto che durante lo scorrere dei secoli l' intrecciarsi delle generazioni lo ha reso compartecipe della "storia" della propria famiglia caratterizzandone per certi aspetti una precisa "identità" al punto da porre in secondo piano perfino le sue peculiari caratteristiche di prodotto commestibile. Questi valori vengono custoditi nell'Acetaia, luogo ricolmo di molteplici elementi simbolici e deputato a custodire le botticelle, spesso centenarie, che ignorano I' affanno del rincorrere il tempo per trasformare il mosto cotto nel prodotto finito.

Come viene utilizzato in tavola e in cucina

È qui dove il "Balsamico", da sempre, occupa il ruolo di assoluto protagonista. A chi lo utilizza impone un solo precetto: quello di usarlo "crudo" e all'ultimo momento. Per il resto può bastare una semplice insalata preparata con radicchi di campo e sottili scaglie di parmigiano-reggiano insieme ad un delicato olio extravergine di oliva e un "Balsamico" vigoroso o una frittata servita appena tolta dal fuoco o un filetto cotto al punto giusto insieme ad un discreto quantitativo (il classico q.b.) di un prodotto adeguatamente invecchiato per sprigionare un profumo e un sapore che "intender non lo può chi non lo prova".

Testo di Francesco Saccani, già Presidente della Consorteria dell'Aceto Balsamico Tradizionale

Scheda informativa

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Città/Località
Tutti i comuni della provincia (MO)
Note
Testo tratto dal portale web sul paese di Spilamberto
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Proprietà dell'articolo
fonte: Portale web sul paese di Spilamberto
data di creazione: domenica 27 luglio 2014
data di modifica: martedì 2 dicembre 2014